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Da "Storie dal Mondo Alternativo"
IO WATSU DA SOLO
by Stefananda 96/97
Avevo sentito parlare del Watsu qualche anno fa, mi capitò perfino di leggere qualche articolo, ma non gli diedi peso più di tanto: pensai che fosse la solita “americanata” in fase di esportazione.
Se non altro, seppi che “Watsu” è la contrazione di “Water Shiatsu”, ossia lo Shiatsu praticato in acqua e che esso era solitamente abbinato al “Tantsu”, contrazione linguistica di “Tantra - Shiatsu” ovvero una specie di “tantra massaggiato” a terra.
Non ci crederete, ma più o meno nello stesso periodo mi capitò di conoscere un tizio il quale si professava di essere esperto in “katsu and fiksu”, rispettivamente la tecnica di massaggio e di stimolazione degli organi genitali maschili e femminili: diceva di averle apprese in Giappone e voleva divulgarle in Europa.
Roba da matti. Ma io sono nato e cresciuto in un ambiente di matti: guardate me, per esempio.
Comunque, se avete voglia di provarli, questi massaggi, posso darvi il recapito, dovrei ancora averlo da qualche parte.
Com’è che conobbi, invece, el watsador, ossia il più grande watsatore di Roma - cioè, praticamente l’unico?
Nacque tutto da un equivoco, un clamoroso equivoco, così come tante situazioni e tanti esseri nascono e crescono per equivoco, me compreso. Cresciuto in un ambiente dove i minerali non sono minerali ma cristalli magici e preziosi fatti per ottenere salute, matrimonio e ricchezza e i tarocchi non sono arance ma carte indispensabili per capirci di più, per azzeccarci qualcosa in questo minestrone brodolone che è l’esistenza umana, non potei opporre rifiuto quando quella deliziosa cartoamante si offerse per leggermi la mano, le carte, i piedi, la mappa astrale, i fondi del caffè (d’orzo, s’intende), la sfera magica e le ascelle. Si vedeva che ci tenesse, visto tanto scrupolo e tanto arsenale divinatorio messo in scena.
Ma dopo tre ore di letture e di meditazioni mi disse che non s’era mai imbattuta in un caso così poco decifrabile come il mio: le carte dicevano una cosa, i piedi un’altra, le ascelle, invece, maleodoravano.
Alla fine, esasperata, essa prese l’oracolo di un famoso medium, l’Obertone Tantricone, uno dei tanti oracoli riscoperti recentemente ma, pare, uno dei più seri e attendibili tra i tanti possibili. Come tutti gli oracoli, però, questo dava appena delle frasi che andavano comprese e interpretate. Io m’aspettavo chissà quali profondi contenuti iniziatici ed esoterici ma questo, una volta interpretati i simboli obertici, si limitò a dirmi: “va’ dove ti porta il colon”. Non ci voleva un mago per l’interpretazione: stavo soffrendo di stitichezza.
Stitichezza intestinale, stitichezza affettiva, stitichezza economica: avevo un tappo nell’anima e quel tappo s’era somatizzato a tutti i livelli, perciò dovevo trovare il mio cavatappi astrale. Non dissi niente a colui che era preposto al mio Personal Raz Management per evitare le sue becere battute boccaccesche, trovai però un vecchio amico il quale mi diede gratuitamente (incredibile!) un biglietto da visita di un prodigioso naturopata metà spagnolo e metà portoghese, un pasticcio umano ma esperto di tantrassaggio ( tantra + massaggio) il quale biglietto citava, tra le altre cose (Watsu, Tantsu, cellulari astrali), “facilitatore corporale”. Sì, poteva fare al caso mio, tanto valeva provare. Ma quando mi si presentò davanti quel marcantonio, è già solo a vederlo non avevo più tanta voglia di essere facilitato, scoprii che c’era stato un problema di traduzione e che questo per facilitatore corporale intendeva essere una specie di terapeuta dello sblocco del corpo e delle sue emozioni e sensazioni profonde, una specie di Reich spagnoportoghese anziché austriaco. Capii, inoltre, che il tizio combinava un po’ di pasticci con la lingua scritta e parlata e che quando diceva una cosa solitamente bisognava intendersi il contrario. Ma sorvoliamo su questo. Successe così, inavvertitamente, che io non trovai il mio purgante animico e lui trovò invece il suo manager, cioè l’eventuale organizzatore dei suoi corsi che aveva in missione di divulgare in tutta la penisola. Come se di missionari non ce ne fossero già abbastanza: dopo aver incontrato i Missionari Ufologici dell’Universo, i Missionari del Tempio di Quaccherananda, gli Apostoli Angelici dell’Ave Marisa, i Presidenti Universali dei Cinque Elementi Tantrici, e tanti altri che non sto qui a elencarvi (però acquistate il mio prossimo libro-scandalo che.... uscirà?!?), avevo trovato il Gran Maestro facilitatore corporale del Tantrassaggio.
Io non sono un vero manager, sono iscritto da vent’anni nelle liste di collocamento adibite al facchinaggio e mai uno scemo s’è messo in mente, solo in mente - e sarebbe già tanto - di cercarmi, ma qualcuno più scemo ancora di me s’era fisso in testa che io dovevo essere una specie di organizzatore alternativo e qualcun altro ancora c’aveva creduto, cosicché ogni tanto c’era chi voleva propormi un grande affare (per lui, s’intende): diventare il suo tutor & promoter. Di solito, si trattava di un branco di disperati, più imbranati di me, che suonavano alla porta di qualcuno più disperato di loro e, se agli inizi la cosa era divertente, col tempo aveva cominciato a divenire pesante perché mi arrivava in casa di tutto. Fu così che imparai a nascondermi e a farmi la fama di misantropo. Poi col tempo venne quella di misogino. Poi verrà l’angioletto a trovarmi e gli spiegherò che non mi sono tanto divertito. E’ così che ero giunto al punto di aver bisogno di un facilitatore, ma quello a quell’ora aveva scelto di essere facilitato da me. Ve l’ho detto, è stato un equivoco, un maledetto equivoco, e ci ho pure una vaga idea che non sarà nemmeno l’ultimo della lunga serie inaugurata tanti anni fa. Ma ormai anche quest’avventura era iniziata, dove m’avrebbe portato, se alle stelle o alla rovina, lo avrei scoperto solo dopo. Dal canto suo, la cartoamante m’aveva mandato già da tempo a Paculo (famoso paese alternativo/esoterico ove vengono solitamente spediti gli iniziati “scaricati”) e non potei ricorrere a lei per avere consiglio ma, tutto sommato, già la storia del colon m’era bastata per avere un’idea delle sue facoltà mantiche e profetiche. D’altra parte, una vera mantica profetica m’avrebbe evitato fin dall’inizio così come una cattolica osservante eviterebbe di frequentare un’intima compagnia luciferina o un ateo giapponese. Appunto.
Ho già detto all’inizio che ho incontrato il Watsu prima letterariamente, con un articolo, ma lei, l’immancabile e immarcescibile protagonista femminile di questa storia, no: non è stato un articolo né un’inserzione, semmai non si debba mai mettere fine alla Provvidenza Tantrica che tutto avvolge e ottenebra nel tormentato mondo affettivo degli uomini e delle donne.
Simonta Mammeli, non so da quale strada e per quale via, s’era presentata a me per fare la conoscenza dello Yoga: era simpatica, era spigliata, era scherzosa, era graziosa e capellosa - tutto il contrario di me - e non potei fare a meno di assicurarle che aveva trovato il migliore istruttore del quartiere (bhè, era vero... ero l’unico nel raggio di cinque chilometri) e che l’avrei yogata a dovere, quasi alla perfezione.
Un po’ per fesseria, un po’ per colpa delle voci di corridoio dell’oracolo Razziglia, che una ne coglie e cento non ne piglia, finii per credere che le ero simpatico e, visto che era miope assai non esitai a trovarlo fattibile, benchè sorprendente. D’altra parte quella aveva un certo modo di fare tipico femminile, come dire, seduttivo. Che fosse spontaneo o studiato non lo so, so’ troppo ingenuo per definirlo, ma di fatto quello era. E il pesciolone stupidone in questi casi, spontanei o organizzati, abbocca sempre.
Siccome era prossimo il famoso corso di Watsu che avrei dovuto organzzare, gliene enunciai gli incredibili effetti e i miracolosi prodigi. Lo definii il massaggio dell’anima, il massaggio del 2000, neanche fossi un abile pubblicitario della Serci & Serci. Fui così convincente da crederci anch’io e infatti lei ne fu incuriosita e quasi entusiasta. Se lei era entusiasta, io ero entusiasta. Per dirla alla Verdone, era una cosa reciproca. Mi sentivo tutto emozionato, come un ragazzetto timido alle prime armi e una ragione c’era. Per una volta, almeno, c’era. O non c’era???
Simonta m’aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per venire con me al corso di Watsu, sicché avremmo finalmente potuto watsare insieme, io e lei, lei e me. Occhebello. Mi sentivo già profondamente tutto tantrico e innamorato. Chissà, forse l’avrei anche sposata. Forse.
Ma poi, complice il troppo lavoro e qualche fidanzato nascosto nell’ombra, Simonta mi dette forfait, cioè mi disse che lei voleva, voleva ma non poteva (venire).
Io insistetti, m’ero tutto watsato per lei, non potevo accettare l’idea che mi mandasse a watsu da solo, altrimenti l’avrei mandata da sola anch’io, ma da un’altra parte, forse un po’ meno romantica. Non ci fu nulla da fare. Anche stavolta era andata buca, dannazione, sembrava proprio una maledizione. Portatemi dal Sor Milingo, che ho voglia di tornare a confessarmi e di dirgli due paroline.....
Così, dopo avermi dato ‘sta sola, Simonta giurò che non mi avrebbe mai tradito e che avrebbe continuato a fare yoga solo con me.
Ma va’ a farti un sugo di frutta, ch’è più sano. Di marca Yoga, naturalmente.
Avevo perduto così, in un colpo solo, uno dei più grandi e sensati scopi della mia vita: unire il Watsu, l’acqua, il Tantra, Simonta e me per iniziare a scrivere il mio primo libro di ricette acquatico-alternative. Ora vivere aveva meno senso di prima, per me.
Cercai allora di frenare tutta l’organizzazione, finché ero in tempo: eravamo quattro matti e non c’era verso di beccare una lira, sai che seminario allegro e guadagnoso sarebbe stato, per cui cercai di dissuadere l’insegnante. Quello mi guardò come fossi impazzito, e forse era vero, mi disse una cinquantina di parole in spagnolo stretto delle quali almeno trenta saranno stare una sfilza di insulti e di parolacce e così, per impegno preso (mica sono Simonta, io), mi toccò procedere e partire lo stesso. Riuscii, se non altro, a trovare un posto per soggiornare a poco più di cento chilometri, che avesse in più delle terme vicine, poiché Watsu si poteva praticare solo in acqua calda a 35/38° e perfino le piscine non andavano bene per questo. Dio, come so’ contorti gli americani, che s’inventano sempre cose complicate che poi pretendono di esportare ovunque per farne un business. Provate un po’ voi ad esportare il Watsu in Alaska, se ci riuscite.
Mentre preparavo il bagaglio e prendevo gi ultimi accordi per il soggiorno e l’accesso alle terme, imprecavo un tantino torcendomi le mani e le orecchie (tutto il resto s’era contorto da solo).
Mannaggia a certe donne, mannaggia a quelle specie di donne che si divertono a sedurti e s’infregolano per questo, lasciandoti umiliato a un angolo di strada, mannaggia a te Simonta e a chi ti Simonta e non ti smonta: guarda in che guaio mi sono messo per te. Ho perso la faccia e la carriera per te, spero che il succo di frutta ti vada per traverso, di qualsiasi marca esso sia, che la purga di Allah sia con te (e con il tuo spirito, se ce l’hai).
Mi sentivo più solo che mai ed ero stanco di tanti stage, tanti viaggi, sempre conoscere gente nuova e, a volte, con le virgole per traverso, che mi facevano apprezzare sempre meno la vita e il mio lavoro, che per me sono sinonimi.
Non che avessi bisogno della balia, ma non volevo partire troppo solo e convinsi il mio amico Totuccio Cazzariello ad accompagnarmi al corso: lui era un mio collega, seppur delle “ultime leve”, un massaggiatore molto bravo e dotato anche se un po’ borgataro e rozzetto, ma pare che oggi alle donne piacciano così: o grezzi o niente. E’ così che Woody Allen ha perso seguaci. Capisco la mancanza di fantasia e l’eccesso di ripetitività nei rapporti sessuali, è un male moderno, è di oggi, ma andiamoci piano con ‘sti giochetti: mi ricordo ancora di un tizio che conoscevo, il quale poteva benissimo essere fratello di Totuccio e che dalle sue fidanzate era soprannominato “er negrone” per via di certi suoi attributi nonché certi modi di fare. Una di queste sue fidanzate amava essere sbatticchiata un po’ più violentemente delle altre e, da quel che ne so, il suo grido di battaglia nel “mentre” era sempre il solito, praticamente un mantra: “Sìììììì... sono la tua Samsonyte, sbattimi dove vuoi tu, fammi male”. Bene, detto e fatto, a forza di sbatterla, ‘sta Samsonyte umana, un giorno la testa le fece “crock” e il Sor Negrone oggi sta ancora sbucciando le arance che le fidanzate sopravvissute gli hanno portato. Forse quella Samsonyte era difettosa, sta di fatto che il crocchio l’ha fatto lo stesso.
Ma perdonatemi questa digressione che col Watsu non c’entra un watsu, che quasi sicuramente soddisfa le vostre curiosità scandalistiche, anche se non depone a favore della Samsonyte.
Partimmo da Roma e arrivammo entrambi a quel corso pieni di speranze, curiosità ed aspettative.
Venne il momento delle presentazione del gruppo, dei presenti e del Watsu. Non mi soffermerò molto sui partecipanti del gruppo, per una volta vorrei evitare l’ennesima denuncia per diffamazione (la verità è sempre diffamante, nella nostra società e io, che sono un vero asociale, me ne pento, anzi, me ne fanno pentire), ma vi dirò qualcosa sulla figura del docente e dei suoi insegnamenti, sennò che stiamo a watsare a fa’.....
Senza saccenteria né presunzioni, molto semplicemente, egli si presentò: “il mio nome è Josè Catalanos Mendoza Cazutas Figheira De Mengas, ma chiamarmi così vi risulterebbe troppo complicato, per cui potete, più confidenzialmente, chiamarmi “El Profesor”.
OK, Professo’: andiamo avanti.
El Profesor parlò di Watsu, Shiatsu, Tantsu. Dopo aver parlato per circa un’ora riguardo alle differenze tra le tre cose, impiegò un’altra ora per spiegarci com’era nato il Watsu e un’altra ancora per illustrarcene gli effetti.
Poi ci elargì tutta una tiritera sull’importanza di riappropriarci del corpo, del suo “sentire” e delle sue emozioni, delle necessità di liberarli dentro di noi, di oltrepassare i confini e i tabù della morale repressiva della società, dell’educazione e della religione di stato.
Sembrava di stare a un comizio di Bakunin, ma non è che “El Profesor” dicesse strombate, per cui era meglio lasciarlo stare e dire e quindi sentire.
Quando eravamo sul più bello, ossia tramortiti dal sonno, egli profferì quelle parole, che nessuno di noi avrebbe mai voluto udire, in un posto che fosse diverso da una chiesa.
“E’ necessario che voi, finché state partecipando a un corso di Watsu, non vi accoppiate: non sono ammesse né concesse interazioni di tipo sessuale tra i partecipanti del gruppo, poiché il lavoro che facciamo ci può portare a una profonda intimità e vicinanza e non dobbiamo lasciarci prendere la mano (solo la mano?!?) perdendo di vista il fine profondo del nostro lavoro”.
Boh, credo che per qualcuno il “fine profondo” fosse proprio quello.
Boh, io proprio non capisco: prima me la menano con la storia della “liberazione del corpo e delle emozioni”, con l’ostracismo della repressione culturale e dei tabù e poi mi dicono che non devo “interagire” fisicamente con qualcun altro.
Ma era un corso di lavoro sul corpo o un corso per chierichetti?
In fondo, come si poteva dettare un comportamento convenzionale, perfino in un ambito del genere?
Dopotutto, le relazioni sessuali sono qualcosa di spontaneo, qualcosa che accade.
Peccato, però, che accadano sempre agli altri.
Il mio amico Totuccio Cazzariello, con sguardo e aria da pitencantropo, lui che aveva già “puntato” chi doveva watsare all’indomani in piscina, a quelle preoccupanti parole di divieto di “interazione sessuale” chiese: “A Professo’, ma che vor di’ niente interazioni? Se nun se po fa’ pe’ intero, posso pure accontentamme de ‘na cosa a metà, poi magari il resto lo faccio a casa”.
E bravo il pitecantropo cazzariellone, lui che aveva capito tutto al volo.
Ma che te ne fai di una cosa a metà? Io al solo pensiero ho già il mal di mare e il mal di Watsu insieme: o tutto o tutto quanto!
Ah, Simonta Simonta, per fortuna che te n’eri rimasta a Roma a lavorare, anche se probabilmente era tutta una fregnaccia inventata: come avrei potuto resistere al nostro contatto “liberatorio” fisico ed emozionale, se poi non potevo liberarlo, per ragioni a me oscure?!?
No, Simonta, a queste condizioni io non ci sto: io watsu da solo, se è questo il mio destino.
Il giorno dopo, tutti nell’acqua termale per la prima lezione di Watsu. Venni utilizzato come soggetto passivo al fine di mostrare tutta la sequenza dei movimenti. Al soggetto passivo non si richiede nulla, se non quello di starsene a cuccia e rilassato: sennò che passivo sarebbe?
Ed ero così rilassato da sembrare, forse, incapace di muovermi, di intendere e di volere. Sta di fatto che, dopo circa venti minuti che avevamo iniziato la dimostrazione in acqua, un gruppo di vegliarde impressionate ed impietosite fece cerchio intorno a noi assistendo e scambiandosi commenti: “uh poverino, così giovane e sfortunato, non può neppure muoversi”. Poi, una di loro, facendosi coraggio, s’avvicinò a un membro del nostro gruppo e gli chiese: “ma è un handicappato grave?”. Solo più tardi seppi che alle terme si era soliti portare degli handicappati per farvi la riabilitazione motoria in acqua. Io spero che nessuno m’abbia riconosciuto o fotografato, non sopporterei anche quest’onta, Simonta.
El Profesor seguiva tutti con cura, con attenzione, dedizione e amorevolezza: era quasi commovente vederlo lavorare, per quanto si prodigava per noi: a parte la storia relativa al “divieto di interazione”, era davvero un personaggio eccezionale ed autentico, come ce n’erano pochi. Tanto di rispetto e di riconoscimento per la sua umanità e il suo lavoro, almeno a qualcosa era valso essere andati lì ed aver promosso tutta la situazione. Almeno ho ottenuto la prova che qualche essere umano ancora esiste.
In omaggio a quel che aveva raccomandato l’insegnante la sera prima, Totuccio puntò l’unica ragazza libera del gruppo ed essa puntò lui. Ed anche per ‘sta volta i giochi erano fatti, pure prima del solito.
In piscina, nell’acqua calda e a capo scoperto, sotto il sole per quattro e più ore, mi presi una bella insolazione, il cranio semicarbonizzato dai raggi solari e il corpo allessato come un carciofo in brodo.
Durante la notte, ebbi a svegliarmi più volte. Patii di incubi e sogni atroci come mai. Vedevo e sentivo due, dieci, venti Simonte infuriate, dannate e implacabili, che mi circondavano e mi caricavano e con le tette a forma di Bacio Perugina mi avvinghiavano e mi soffocavano. A un certo punto, ebbi la chiara impressione di essere davvero senza fiato, quasi strozzato. Era evidente che i dolci e i cioccolatini mi facessero male, più di quanto pensassi, perfino sognandoli.
Nella stanza accanto sentivo un gran trambusto, era sicuramente Totuccio che si stava dando da fare.
Totuccio, ricordati che non devi interagire sessualmente. Totuccio, ricordati che tieni moglie e che adesso lei è a casa da sola e ti pensa. Totuccio ricordati che potresti beccarti qualche malattia: poi non chiedermi di farti il massaggio, pensaci tu da solo, massàggiati da te. Totuccio...... macché.
‘Sti zozzi non m’avevano manco invitato né chiesto un parere. E’ sempre così che funziona. Finché ci trovavamo tutti in vasca eravamo un corpo e un’anima cosmica, poi quando si trattava di fare le cose serie, ognuno per sé. Puro spirito new age.
Totuccio, sei un ingrato e un infedele: io t’ho fatto conoscere il Watsu. Io t’ho fatto scoprire il massaggio, quello vero, non dovevi “scoprire” pure lei. Totuccio, sei un cane non di razza. Totuccio, fai schifo. Buonanotte e ci vediamo domani.
Ma domani era un altro giorno e sempre lo stesso: mi sentivo uno straccio, come un Mocio strizzato e arrotolotato su se stesso. Avrei voluto imboscarmi, darmi malato e recuperare un po’ di forze e di speranze ma quel senzapatria dell’insegnante venne a cercarmi, dovevo watsare di nuovo con lui, con tutti loro. Non era solo tutto il lavoro in acqua protratto per ore ad essere stancante e allessante, la cosa più drammatica, che avrebbe fatto impallidire anche un carmelitano scalzo, erano le estenuanti riunioni/meditazioni che si facevano tra un’immersione e l’altra, ossia la parte del “lavoro a terra”, meglio ancora quella parte di programma che lui definiva di “dinamica gruppale” (sic), che dovevano servire ad amalgamare il gruppo e a scambiarsi un maggior contatto. Ma ormai chi poteva s’era già ben amalgamato; almeno a me, ch’ero tutto lesso, bruciacchiato e spellato e mi facevo orrore da solo, la sua “dinamica gruppale” poteva evitarmela.
Tra un’esperienza gruppale e l’altra, lo stage finì e fu comunque una bella esperienza, che consiglierei a tutti, anche per vendere gli ultimi biglietti d’ingresso alle terme rimastimi in tasca da allora. Un gran bel ricordo, che merita uno scritto da parte mia, tolti tutti gli incidenti del caso e la rimessa finanziaria. Ma non è la lira, che tanto vale poco che ormai l’apprezzano solo le slave e le nigeriane, è il ricordo, è la gloria che conta, Simonta.
El profesor si congratulò con me, raggiante in viso: “esta bien, Esteban, esta bien”.
Seeeee..... chiamatemi Esteban, sono il vostro organizzatore in brodo preferito.
Dopo qualche giorno dal mio rientro, senza neanche aspettarmelo, incontrai Simonta, intenta ad occuparsi dei suoi soliti affari preferiti: sedurre e mollare, irretire altri poveri coglioncini, come me.
Arietta furbetta. Faccetta strombetta.
Continuava a prendermi per il culetto. “Sono una ragazza seria, io... hai frainteso tutto, ho solo intenzioni altamente monastiche e spirituali verso gli uomini, io watsu da sola (pure lei!). Vedo che l’hai presa malamente. Sei proprio un permaloso, dovresti fare più Yoga”.
Mentre lei sfotticchiava e si sentiva più fica e vittoriosa che mai, la guardavo sottecchi e prendevo appunti, scribacchiando qua e là di getto, prima che mi svanisse l’ispirazione sadicatrocica.
“Ahò, ma che te scarabocchi, non vorrai mica mettermi in quelle strombolate che scrivi, quei raccontini demenziali che ho avuto modo di vedere e di leggere tempo fa su quel sottoprodotto di rivista che fai e che leggi solo te, eh?”
Io demenziale? Demenziale, io.......
Milioni di individui passano gran parte della loro vita lavorando e aspettando giusto qualche giorno per andare in ferie. Le vacanze, si definiscono..... Per il meritato riposo, si affrontano code chilometriche interminabili, si rischiano incidenti, si soggiorna in tenda o in una camerucola d’albergo, si passano le ore girando e spendendo, dando una rapida e irreprensibile occhiata alle natiche della bagnante a pochi metri più in là che sembra una modella o all’invitante bozzo anteriore giù in basso di quel tipo vicino che sembra Banderas. Ah, la banderas... chissà che astas!
Milioni di esseri, schiacciati dai corpi e dal fragore in locali denominati discoteche saltano, si agitano e si divincolano, manco fossero tarantolati, al ritmo di una musica insulsa e artificiale. Il disco è morto, ma la discoteca rimane. E i tarantolati anche.
Milioni di persone affastellate sugli spalti palpitano, sbraitano, imprecano e si odiano, a volte si fanno pure male, per assistere e applaudire ventidue piccole sagome umane colorate che corrono e si spingono dietro una palla. E per tre, quattro giorni della settimana su sette non parlano d’altro, non aspettano altro.
Ne esistono altre che per farsi fare un favore in cambio votano e fanno votare Tizio o Caio, per mandare al potere una classe di gente che, per salda che rimarrà al timone, metterà probabilmente sul lastrico ancora un po’ di persone, tra i quali gli stessi che a suo tempo li votarono. Favore per favore....
Ma che sto imprecando..... Ma no, ma dai, facciamo la fila per farci aprire i chakra, facciamoci stappare i canali per diventare più sani, più belli, più ricchi e illuminati: costa solo tre milioni e poi possiamo pagarli anche a rate, ne ho prese di iniziazioni ma questa è sicuramente la migliore. Deve esserlo, d’altronde costa più delle altre..... Gli è che viviamo in una società rateizzabile, una vita a rate: la rata del mutuo dalla casa, la rata assicurativa, la rata della pensione integrativa, la rata del televisore, la rata dell’automobile, la rata del dentista, la rata della palestra, la rata dell’enciclopedia, la rata del Reiki, lo sconto della pena a rate.....Dovremmo cantare tutti in coro “voglio una vita rateizzata”.
C’è un sacco di gente che, per raccogliere carte magnetiche telefoniche usate ed esaurite, fa la fila e paga. Collezionisti, si chiamano.
Ce ne sono un mucchio d’altri che, pur sentendosi infelici e irrealizzati, tristi, vinti e sconfitti, nell’intimità di una relazione, che non è più né intima né relazione, per abitudine e per rassegnazione, tra un sorso di rancore e l’altro, tirano avanti e non cambiano alcunché, neanche dovessero vivere ancora cinquecento anni per avere altre dieci opportunità. E naturalmente, gli anni passano sperando in silenzio che l’altro crepi prima e magari anche un po’ presto.
Ci sono quelli, e sono tanti, che per stabilire se la loro relazione funzionerà, per non rischiare di rimanere fregati anche loro, si affidano agli astri e ai segni zodiacali, suddividendo i potenziali partner in “compatibili”, “incompatibili”, “passabili” a “incompatibili appestati”. Alfine, forti delle loro previsioni astrologiche, si decidono. Poi, accade che gli astri non vadano d’accordo tra loro comunque e si tenta coi numeri. Ma anche i numeri si mostrano in disaccordo e allora si consultano le carte. Ma sono più spaiate che mai. Si può provare con l’analisi comparata dei nomi di battesimo: c’è chi usa farlo. Ma manco quello funziona sempre, e allora?
Allora, i pianeti non combaciano. I numeri nemmeno. Le carte non si baciano. I nomi neanche.
Non rimane che tentare di far combaciare il patrimonio. Meglio che niente.
E, quando le cose proprio non vanno e converrebbe convertirsi al podismo e correre più veloci e lontano che mai, la frase magica è sempre quella: “ci sono i figli di mezzo”.....
Sì, ci sono i figli di mezzo, e pure prima e anche dopo. Adesso sai cos’è il puro masochismo legalizzato.
Milioni di esseri trascorrono otto ore in una stanza asserragliati tra le carte, otto ore senza gioia tra le pareti domestiche e altre otto circa dormendo. Di queste tre fasi, la più gradita ed attesa è sicuramente la terza. E più o meno è così quasi ogni dì, giorno dopo giorno, lasciandosi andare al can can della vita. Meno male che ci sono i diversivi, meno male che esistono Ferragosto, Pasqua, Natale e Capodanno. Meno male che ci sono i sexi shop e i telefoni erotici, che esistono gli stadi e le corride, i viaggi e le lambade. Ci siamo salvati, poteva andare anche peggio, non tutti sono così ben attrezzati coi riempitivi del tempo. Così, per quasi ognuno, il pillolone è meno amaro e la supposta fa meno male.
E questo solo per dire di una parte di umanità, vogliamo parlare dell’altra? Lasciamo stare, ch’è meglio. Io watsu da solo e tu watsi da sola. C’è un mondo intero che watsa da solo, là fuori. Ognuno watsa per sé.
E così, per questo e per altro, io sarei uno scrittore di cose demenziali. Uuuuuuuuuuuuuuhhhhhhhhh................
Perdurando questo stato di cose, ne avrò di storie (e di demenze) da raccontare: le mie e le vostre.
Dopotutto, siamo in ottima compagnia. Anche questa è una cosa reciproca.
Ah, dimenticavo: non contate su di me. Permettetemi di sognare qualcosa di diverso.
Comunque, puoi stare tranquilla, Simonta..... non mi curerò di te nei miei scritti: puoi giurarci, Simo.
Non consumerò i tasti della mia tastiera per te, sporcandomi di polvere i polpastrelli, pollastrella.
Sarò pure demente ma sono un uomo d’onore, io.
Perciò, manterrò il mio impegno. Te lo farò vedere io.
Certamente, Simonta.
Naturalmente.
Dedicato a M. A. B., con affetto e gratitudine.
Libera selezione estratta dal volume
“STORIE DAL MONDO ALTERNATIVO”,
di Stefananda – Edizioni ISU